Nucleare e produzione di energia

Scopo di questo spazio è contribuire all’armamentario culturale che andrà a comporre la tua visione delle cose.
Senza adottare opinioni a priori, ma netto nella posizione.

Lo studio ed il conseguente sfruttamento dell’energia sprigionata da nuclei atomici ha, durante gli anni ’30 del ventesimo secolo, diversi fautori. Ciò consentì di provare materialmente che l’atomo fosse ulteriormente scomponibile. 

I primi a dimostrare empiricamente il processo della la fissione (nel 1938), sono i fisici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann.  Si libera infatti una quantità di energia quando l’uranio viene bombardato da neutroni, ciò produce bario radioattivo. Da quel momento in poi l’energia atomica è stata impiegata a fini bellici e civili. 

Ad oggi, questo processo di scissione di atomi, oltre a poter produrre una enorme quantità di energia, ha nella sua pratica, anche effetti da cui scaturiscono emissioni radioattive incontrollate. Estremamente dannose per l’organismo umano. 

Le scorie prodotte da questo processo sono ancora oggi un problema.  Infatti, considerando che dopo il loro utilizzo queste scorie restano dannose per millenni, al momento la soluzione adottata è lo stoccaggio in depositi. Negli anni ’70 le due Germanie avevano iniziato lo sfruttamento di questo tipo di energia mediante la costruzione di rispettivi reattori già da un paio di decenni.

In quel momento non erano avvertite particolari ansie nei confronti degli effetti secondari di questo tipo di produzione di energia elettrica. Tuttavia dopo la crisi petrolifera di quegli anni, il governo social-liberale programmava di ampliare la quota derivante da questo tipo di energia. Contestualmente era cresciuto il dibattito, l’informazione e l’attenzione sul tema.

Uno dei primi problemi che emersero fu la gestione, lo stoccaggio e lo smaltimento delle scorie prodotte (dall’uso in molti settori) della tecnologia nucleare. 

Fu durante il corso gli anni ’80 che in Germania molte comunità locali entrarono in conflitto con decisioni che nelle loro vicinanze venissero costruiti depositi di stoccaggio (temendo loro un impatto sull’agricoltura, la salute, il valore dei terreni, il turismo). Sono questi gli anni in cui non a caso, una coscienza verde comincia a crescere nel paese. Nelle elezioni federali del 1983 per la prima volta, il neonato partito dei Gruenen, supera la soglia del 5%.

Sono anche gli anni dei primi incidenti (noti) alle centrali nucleari: prima Harrisburg (Pennsilvanya 1979) e poi Chernobyl (Ucraina 1986). La SPD, normalmente favorevole a questo tipo di energia, cominciò a raffreddare il suo interesse. A fine del millennio, sotto il governo rosso-verde di Schroeder si sostenne la necessità di un graduale ritiro e, dopo alcune titubanze, questa scelta fu confermata dalla cancelliera Merkel. 

Infatti, dopo l’incidente di Fukushima (2011) con la “13° legge di modifica” la Germania conferma il percorso di de-nuclearizzazione e lo disciplina.  Fissa così come obiettivo: lo spegnimento di tutte le sue centrali restanti entro il 2022. Il dibattito in Germania come in Europa è ancora vivo poiché se l’uso dell’energia nucleare a fissione ha i suoi pro e contro, al momento molte delle fonti di approvvigionamento di energia lasciano irrisolti nodi relativi a:

  • la dipendenza da fornitori esteri (vedi importazione di gas russo o petrolio mediorientale); 
  • le fluttuazioni del costo di energia che mettono a rischio il potere d’acquisto delle famiglie; 
  • la eventuale mancanza di concorrenza tra fornitori di uno stesso mercato che potrebbero concordare i prezzi finali dell’energia; 
  • i dubbi sulla maturità delle nuove fonti di energia rinnovabili. 

Molti considerano l’abbandono del nucleare come un passo azzardato, anche alla luce del fatto che questo appare conveniente sotto una serie di punti di vista. Tale fonte infatti potrebbe andare in soccorso della decisione politica di agire per le basse emissioni. Per affrontare quest’ultima questione è possibile usare una scala che misura il tasso di mortalità a fronte di una unità di misura Tera Watt Ora prodotta.

Il tasso di morti per Tera Watt Ora, si ottiene sommando i costi di estrazione, e quelli connessi all’utilizzo di una certa fonte. Tali costi possono essere malattie provocate dal rilascio di inquinanti atmosferici tossici come mercurio, anidride solforosa, ossidi di azoto e particolati. Emissioni queste correlate allo sviluppo di asma, cancro e malattie cardiache.

Per mille Tera Watt Ora prodotti abbiamo 100.000 decessi dovuti al Carbone, 36.000 al petrolio, 4.000 al gas naturale, 1.400 all’idroelettrico, 440 per il solare, 150 per l’eolico e 90 per il nucleare. Dunque, in termini di costi ambientali in senso lato, e consapevoli che ogni fonte di energia ha sempre e comunque un impatto in base alle fasi di estrazione, trasporto e utilizzo; carbone e petrolio hanno il maggiore impatto.

Per farci una idea dei costi finali delle varie fonti è bene sapere che questi sono dati dal costo sostenuto per produrre l’elettricità ma anche i costi di sistema (ovvero quelli sostenuti per integrare un certa produzione nella rete elettrica) ed i costi per l’eventuale acquisto di certificati di compensazione della CO2 emessa da queste fonti.

Ho consultato molte fonti in questo senso (per saperne di più, vedere in descrizione), e fare una classifica che non sia solo un valore orientativo è impossibile, sia per la discordanza e frammentazione delle fonti, sia perché le variabili che intervengono sino al prezzo finale sono molteplici. E spesso queste ricerche differiscono tra loro in base al fatto che nel calcolo, siano presenti esclusivamente i costi di generazione di energia elettrica da una certa fonte oppure siano inclusi quelli relativi all’intero ciclo di vita.

Questi costi inoltre non sono stabili nel tempo, non sono uguali nei vari paesi, e le rilevazioni appunto, non includono sempre i costi di follow-up relativi a danni alla salute o problemi ambientali connessi. Anche a distanza di anni. Ad esempio: 

  • Negli Stati Uniti, la rete elettrica alimentata a gas costa circa un terzo in meno grazie al fracking del gas naturale.
  • Le centrali nucleari russe costano circa un terzo in meno per via dell’alto livello di competenza tecnica.
  • In Australia, il fotovoltaico costa solo la metà a causa delle molte ore di sole.

Inoltre i costi dell’elettricità prodotta risentono delle continue variazioni delle contrattazioni dei Future EEX EUA. Cioè la compravendita dei permessi UE sul mercato dei diritti di emissione. Negli ultimi due anni i costi questi certificati di compensazione di CO2 sono costantemente aumentati. In questo senso possiamo però individuare alcune informazioni convergenti: 

durante il ciclo operativo di produzione della energia elettrica, costa di meno produrre energia dal nucleare, dal solare, e dall’eolico.  Anche la produzione tramite carbone e lignite è abbastanza economica, ma il danno prodotto dai costi ambientali è immediatamente intuibile visto è anche per evitare le emissioni di CO2 che è in atto questa transizione. A livello di trend: solare ed eolico sono le fonti il cui costo è in continua e drastica diminuzione almeno dagli ultimi 10 anni. Ricordiamo infatti che l’accordo di Parigi sul clima si pone come obiettivo il contenere il surriscaldamento globale sotto i 2 gradi celsius rispetto alla temperatura mondiale dell’epoca pre-industriale. 

Ma quali sono i pro e contro dell’energia nucleare?

In questo senso tutti i paesi aderenti sono tenuti a stabilire obiettivi per la protezione del clima per ridurre le emissioni di gas che contrastano con questo obiettivo.

Ecco i vantaggi: 

questo tipo di energia durante il suo funzionamento emette solo vapore acqueo. Quindi in questa specifica fase del suo ciclo di vita non contribuisce ad emissioni che portano all’inquinamento atmosferico. L’energia nucleare fornisce, utilizzando spazi limitati, energia in grande quantità, e lo fa in modo prevedibile e continuato. Quindi si può dire che è disponibile in modo affidabile. Il costo e la trasportabilità delle materie prime è certo meno gravosa di altre fonti come carbone o gas.

Svantaggi:

la sicurezza delle centrali è un grosso problema, che può rivelare criticità non preventivate in caso di terremoti, guasti, incidenti, attentati ed eventi del cigno nero. C’è inoltre il problema del dove conservare le scorie nucleari prodotte. E questo apre un problema non banale per le comunità che devono conviverci per migliaia di anni.

Inoltre è possibile che tali materiali possano essere utilizzati per arricchire altre armi di offesa, non tanto per via della detonazione, quanto per il potere di fall-out radioattivo e biotossicità connessa. Le centrali nucleari hanno una durata media di 40 anni. Ma questo è un dato in fase di continuo aggiornamento. Tuttavia è un fatto che, una volta dismessa una centrale, i relativi costi di smaltimento e demolizione sono nell’ordine delle centinaia di milioni di euro.  Esistono esempi di vita di centrali superiori alla media dei 40 anni. Parliamo dell’impianto nucleare di Turkey Point in Florida che, costruito negli anni ’70 ha ottenuto l’allungamento della licenza ad operare sino al 2050.

Inoltre, i giacimenti di uranio, ovvero il combustibile ad oggi più diffuso per alimentare le centrali, sono presenti sulla terra in quantità limitata e ciò può amplificarne la instabilità e le ingerenze di potenze esterne. Si aggiunga che ad incidere sui costi complessivi è anche il fatto che il nucleare ha molti costi nascosti e soffre, parlando di un paese come la Germania, della presenza di un numero ristretto fornitori, 4 (RWE AG, Eon, Energie Baden Württemberg AG e Vattenfall). Infatti una volta stabilito quali sono le fonti di produzione più economiche e con meno emissioni di gas dannosi per l’uomo ed il pianeta, bisogna anche capire se queste si sottopongono ad una sana dinamica di mercato oppure la limitatezza o la natura stessa del numero di operatori non renda l’economicità puramente teorica.

Un mercato con scarsa trasparenza e che riduce a pochi soggetti dominanti il controllo sui prezzi reali, non offre garanzie in questo senso al consumatore finale.

Il nucleare ha dei costi nascosti. 

Dagli anni ’50 in Germania, lo stato federale ha, solo tra sussidi diretti e indiretti, investito 287 miliardi di euro pubblici nel nucleare. Ciò senza contare i costi sociali totali e tenendo presente che questi costi non sono computati normalmente quando si prende in considerazione i costo finale dell’elettricità prodotta dall’atomo. Nessuna altra forma di energia è stata così grandemente finanziata nella storia. 

Le quattro aziende fornitrici hanno in Germania, a detta della IG Metall (il più grande sindacato di lavoratori metalmeccanici in Europa), esercitato un pesante controllo sul prezzo finale. A suffragio di ciò, il fatto che “a cavallo dell’anno 2010/2011, i costi di produzione sono diminuiti, ma i prezzi sono comunque aumentati” sostiene sempre la IG Metall. 

In sostanza, è un mercato composto da un numero così ristretto di soggetti, che è detto possano orientarsi verso una sana concorrenza tra loro.  Questo sospetto è confermato dalla commissione tedesca dei monopoli, e cioè un organo indipendente che fornisce consulenza al governo federale, e che, nel 2009, ha criticato l’insoddisfacente andamento sul mercato dell’energia nucleare in Germania definendolo come sottoposto a “problemi di concorrenza significativi”. Tale insoddisfacente concorrenza è stata ribadita due anni più tardi dall’autorità federale garante della concorrenza. Altre fonti sostengono che, la ragione per cui negli USA negli ultimi 25 anni sono stati costruiti nuovi reattori è perché dagli anni ’90 non ci sono più sussidi statali per tali progetti.

Una centrale infatti può costare anche 10 miliardi di dollari, e ciò non include i costi di smantellamento, ne quelli di smaltimento e stoccaggio di scorie ne tantomeno può coprire i costi derivanti da incidenti. Ed in questi casi, a differenza dei profitti, l’onere è a carico di tutti i contribuenti. Inoltre, ci sarebbero incalcolabili conseguenze in termini di rilascio di radioattività qualora accadesse l’evento così detto del cigno nero. 

Si tratta di tipo di evento inatteso ed isolato, che va a manifestarsi su una scala troppo alta per per poter essere stato previsto in fase di progettazione. Ad esempio un’importante incidente conseguente ad un terremoto di particolare intensità, ad inondazione o catastrofi. Anche questo caso i costi umani e materiali derivanti ricadrebbero sulla collettività tutta. In Francia, la costruzione da parte di EDF del terzo reattore della centrale di Flamanville, ha visto i lavori iniziare nel 2006. Sarebbero dovuti concludersi nel 2014 al costo di 3,3 miliardi di euro. 

Tuttavia nel 2022 i lavori non sono ancora completati (si prevede che lo siano nel 2023) ed il costo è lievitato a 19 miliardi di euro. Discorso analogo per lo stabilimento di Hinkley Point C nel Somerset, in Inghilterra. Quello inglese è un progetto EPR, ovvero di terza generazione. Un tipo di reattore concepito per usare meno uranio.

L’impianto dovrebbe essere completato nel 2026 ed il costo, rispetto alla previsione del 2008 è raddoppiato: 27 miliardi di euro. Il terzo reattore della centrale finlandese Olkiluoto (sempre di tipo EPR) è entrato in funzione a fine 2022, con inizio lavori nel lontano 2005. La caratteristica di questo è stata che ad ogni precedente scadenza e costo fissati, vi erano sempre nuovi rinvii con relativo lievitamento del costo finale. 

Fonti: Trend fonti energia: https://bit.ly/3qRNFjW | Costi fonti a confronto: https://bit.ly/3n6oLfq | Costi fonti a confronto: https://bit.ly/3qX5DRZ | Tassi mortalità fonti energia: https://bit.ly/3f89W7q | Pro e contro nucleare: https://bit.ly/33d8LkK | Pro e contro rinnovabili: https://bit.ly/3zCDnbi | Panoramica rinnovabili: https://bit.ly/3zEeBHP | Costi storici del nucleare in Germania: https://bit.ly/3G9amqg | Costi storici del nucleare in Germania: https://bit.ly/3t7MsYl | Costi sociali produzione elettricità nucleare: https://bit.ly/3G7Zyst | Contrattazione EUA FUTURES: https://bit.ly/3t8oHiQ | Stoccaggio scorie: https://bit.ly/3qSiPre | Energia eolica in Germania: https://bit.ly/31Du9iD | Posizione IG Metall: https://bit.ly/3f35gQA | Interventi di modifica sulla legge atomica in Germania: https://bit.ly/3q4Rx1D

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