Politica energetica: la versione del PD e approfondimento sul centro-destra

Scopo di questo spazio è contribuire all’armamentario culturale che andrà a comporre la tua visione delle cose.
Senza adottare opinioni a priori, ma netto nella posizione.

Dopo aver visto i principali elementi in tema di politica energetica e Transizione esposti nel programma di centro-destra (in particolare quello unitario della coalizione, quello di Forza Italia e della Lega), questa volta ci occupiamo del principale partito dello schieramento opposto. Inoltre, troveremo anche una integrazione finale su quello specifico di Fratelli d’Italia, adesso anch’esso disponibile. 

Dicevamo, la politica energetica e il programma per la transizione del Partito Democratico. Il programma complessivamente si compone di 3 pilastri. In particolare quello più vicino al nostro scopo si chiama “Sviluppo sostenibile e transizioni ecologica e digitale”. Questa parte menziona la volontà di proseguire su transizione verde e digitale, il modo per (cito) “garantire una transizione socialmente equa e di rafforzare l’innovazione e la competitività della nostra industria”. E aggiunge: “tramite innovazione e ricerca, superare le inefficienze e i problemi strutturali di bassa produttività”. Seguono una serie di dichiarazioni sul rafforzare innovazione, concorrenza e intervenire sui riduzione si costi energetici per famiglie ed imprese.

Il programma del PD complessivamente si compone di 37 pagine, ed è nella Parte II che troviamo gli elementi più interessanti di politica energetica, in particolare alla voce: “Accelerare e gestire le transizioni: strumenti e leve per la crescita”. Qui si fa riferimento alla strategicità dell’investire nell’energia pulita, sia per contrastare il cambiamento climatico che per abbattere le emissioni di CO2, così come per abbassare il costo dell’energia, nonché diminuire la dipendenza dalle fonti fossili ed i fornitori esteri. Ecco le misure previste in questo senso:

  • riforma fiscale “verde”: e cioè forme di incentivazione ed investimenti che rendano economicamente vantaggioso investire in transizione ambientale;
  • una legge quadro sul clima, così come un piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico rispetto agli obiettivi ambientali del 2050;
  • premialità fiscale per imprese con elevato rating ESG, ovvero ambientale, sociale e di governance;
  • armonizzazione, a livello europeo di accise e bollo auto cos’ come a progressiva riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente.
  • non meglio identificate compensazioni per famiglie e imprese più vulnerabili, al fine di sostenere una transizione socialmente equa e sostenibile;
  • monitoraggio e messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti, in particolare ponti viadotti e gallerie. Ciò, attraverso azioni programmate, leggo “di manutenzione e adattamento alle pressioni indotte dai cambiamenti climatici”.
  • È previsto anche un cosiddetto “Fondo Nazionale Compensativo Anti-Nimby”, finalizzato, leggo: “alle politiche di compensazione nel dialogo costruttivo con i territori e alimentato, per una quota, da un versamento di tutte le imprese che operano nella costruzione di infrastrutture sul territorio nazionale e che sono assegnatarie di appalti pubblici”. 

Tuttavia, c’è un punto su cui abbiamo trovato lo spunto per fare qualche approfondimento. Qui il programma recita:

si propone un piano nazionale per il risparmio energetico e interventi finalizzati ad aumentare drasticamente la quota di rinnovabili prodotte in Italia, anche attraverso lo sviluppo delle Comunità energetiche, con l’obiettivo di installare 85 GW di rinnovabili in più entro il 2030. Un obiettivo ambizioso ma realistico che porterà, secondo alcune stime, alla creazione di circa 500.000 nuovi posti di lavoro”;

Sul piano nazionale per il risparmio energetico e Comunità energetiche avremmo voluto avere qualche informazione in più, tuttavia, senza farci scoraggiare, notiamo come qui, la ciccia, è nell’obiettivo di installare entro il 2030, 85 GW di rinnovabili che porteranno a circa 500.000 nuovi posti di lavoro.

A questo punto ci chiediamo: quanti posti di lavoro creano orientativamente le energie verdi?

La Banca mondiale (immagine a seguire) fornisce dati sull’impatto sull’occupazione nei vari ambiti energetici per singolo milione di dollari speso. Nel fare ciò, utilizza una serie di studi, principalmente condotti negli Stati Uniti che possono aiutarci, perlomeno ad avere una dimensione sull’argomento.

Lo studio in questione tra, posti creati direttamente, indirettamente e nell’indotto, dice che, per ogni milione di dollari speso in investimento nell’industria energetica abbiamo, in unità di lavoro prodotte:

Complessivamente, rispetto alle fonti non verdi, l’occupazione nell’ambito delle nuove fonti è anche mediamente meglio retribuita, con intensità di lavoro (e cioè il rapporto tra numero di ore lavorate e totale di ore di lavoro disponibili) di 0,80 posti di lavoro per GWh contro i la media per i combustibili fossili che è di 0,14. Questo ce lo dice lo studio del UK Energy Research Center (come al solito fonti in descrizione).

Dunque, per ottenere i circa 500.000 posti di lavoro menzionati dal programma del PD in questi nuovi settori entro il 2030, assumendo una media di 15 unità lavorative prodotte per milione di euro di investimento, avremmo bisogni di fondi per 33.3 miliardi di euro complessivamente. Circa 4.2 miliardi di euro l’anno (periodo 2023-2030, 8 anni). La cifra è grande, il piano particolarmente sfidante, ma tecnicamente plausibile.

Per quello che invece riguarda la pretesa produzione di 85 GW da rinnovabili, sempre entro il 2030. Per capire la realisticità dell’obiettivo intanto utilizziamo come base di ancoraggio i dati di Terna (importante operatore della rete di trasmissione della rete elettrica), che dicono come nel 2020 il fabbisogno nazionale di energia elettrica è stato di 302 Gwh, nel 2019 era stata di 320 Gwh e nel 2010 era di 330 Gwh. Nel 2020 la quota di produzione nazionale di energia elettrica destinata al consumo era per il 51% proveniente da fonti non rinnovabili, il 38% da rinnovabili, e per l’11% dall’estero. Facendo un focus sulla quota di energia elettrica prodotta tramite fonti rinnovabili a livello nazionale nello stesso anno, la distribuzione percentuale vede: idroelettrico 41%, fotovoltaico 22%, eolico 16% e biomassa anche 16%, mentre 5% dal geotermico.

Abbiamo usato la produzione degli impianti esistenti cercando di capire quanti altri impianti servirebbero per aumentare il fabbisogno di potenza del 2030 di 85GW. Mantenendo le stesse proporzioni percentuali diciamo subito come risulta che per l’idroelettrico servirebbero altri 34 impianti come la Centrale idroelettrica Einaudi provincia di Torino, la più grande d’Italia. Per il solare servirebbero 165 impianti (da 275mila moduli solari di ultima generazione ciascuno), come quello inaugurato nel 2020 quello nel foggiano. Per le bioenergie servirebbero 198 impianti, come le due Centrali presenti nel crotonese. Per l’eolico servirebbero 425 impianti, come il  “Beleolico”  di Taranto, e cioè il primo parco eolico marino del mediterraneo (questo consta di 10 turbine eoliche), mentre per il geotermico servono 5,3 impianti come l’area di Larderello, in provincia di Pisa. Confrontandoci con la realtà notiamo come nel corso del primo trimestre 2022 la potenza derivante nuovi impianti di energia rinnovabile effettivamente installata in Italia, è stata di 454 MW. Riproporzionando tale dato per i 9 anni circa che ci separano dal 2030, se assumiamo come annualmente la produzione sia di 2 GW, con questo ritmo, al 2030 avremmo circa 16 GW in più. Ipotizzando uno sforzo a regime, che porti a quadruplicare la produzione, nel 2030 i nuovi GW sarebbero: 64 GW di potenza in più. A questo punto l’interrogativo per l’ambizioso piano, declinato in senso pratico, diviene: 

assumendo di avere disponibili le risorse economiche; come siamo messi in termini di adeguatezza del quadro normativo, capacità di progettazione ed efficienza organizzativa per completare queste opere nel tempo stabilito?

Complessivamente, nella lettura del programma, avremmo preferito ad una impostazione, invece che orientata ad una produzione normativa, piuttosto agli aspetti di applicazione “tecnico-pratica” delle politiche, di governance e controllo dei processi. Certo si dirà, prima è necessario costruire le norme, corretto, tuttavia, a mio avviso, un sistema-paese efficiente è un paese che:

  • non deve sentire la necessità di ricorrere a regimi normativi di eccezionalità (o in deroga) per attuare il già programmato.
  • Le misure che si vogliono promuovere con la Normativa, oltre ad essere scritta, deve sforzarsi di essere anche applicabili nel concreto. E soprattutto facili da comprendere, quindi da rispettare, oltre che essere economicamente convenienti per chi le attua. 

In questo caso, rispettare gli obiettivi di Transizione, significa anche rivoluzionare il modo di fare le leggi. E cioè un quadro legislativo semplificato che significa leggi comprensibili senza doverne delegare l’interpretazione ad un apposito ceto di super-esperti, con tempi di realizzazione delle opere verificabili in tempo reale. È chiaro che il conflitto scatenato dalla Russia e l’uso, oserei dire, scientifico, con cui usa la leva del gas né più, né meno che come arma, ha colto moltissimi impreparati. 

Certo, vien da pensare, dal lato russo chissà da quanto tutto ciò pianificato e dal lato nazionale, perché mai scelte, che oggi paghiamo salatamente, hanno portato ad infilare “la testa nella bocca del leone”, citando un intervento di Angelo Panebianco. È chiaro che chi doveva fare delle scelte in tema di sicurezza energetica nazionale, ad un certo punto ha creduto che bastasse delegare la materia alla costruzione del mercato unico europeo, nel convincimento che l’energia fosse una merce come tutte le altre. Dopo questi mesi di shock psicologico in cui realizziamo che la Belle Époque è finita, è necessario intanto smettere di rispondere solo con un’ottica riparatoria di brevissimo periodo, per giunta, sotto spinte emozionali ed emergenziali. E parlare il linguaggio della chiarezza, che comporta innanzitutto, scelte. In questo senso è tempo che l’Europa guidi la risposta attiva congiunta ed i paesi a loro volta diventino propositivi.

In questo senso, sul programma del PD, e cioè un partito cosi integrato con le istituzioni e nel dibattito europeo, mi sarei onestamente aspettato definizione più dettagliate su come creare un meccanismo dei prezzi nuovo e sostenibile; quale il mix energetico impostare nei prossimi 10 anni; quanto ogni singolo tipo di fonte dovrà realisticamente aver contribuito alla autonomia energetica del paese ed un quadro onesto degli ostacoli da superare per applicare efficacemente, la transizione in tempi certi. 

A proposito, adesso è disponibile anche lo specifico programma di Fratelli d’Italia. Questo si compone di complessive di 40 pagine, noi gettiamo uno sguardo al capitolo 17: “Energia pulita, sicura e a costi sostenibili”.

Eccone un piccolo estratto: “Immediata costituzione di un’unità di crisi su energia e caro bollette. Contrasto alle speculazioni finanziarie sui costi delle materie prime e istituzione di un tetto europeo al prezzo del gas per contenere l’importo delle bollette energetiche”. 

Tuttavia noi sappiamo bene che è nella parte di applicazione effettiva delle misure che si giudicherà la serietà di chi le formula. Comunque gli strumenti proposti da Fratelli d’Italia in questo senso sono:

  • Svincolare il prezzo dell’energia elettrica dal prezzo del gas attraverso una modifica normativa;
  • Totale trasparenza sui prezzi dell’energia, disaggregandoli per tipologia produttiva;
  • Sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise;
  • Sostegno a famiglie e imprese contro il caro bollette, con meccanismi di credito d’imposta e interventi diretti mirati, anche utilizzando le risorse derivanti da tassazione degli extra profitti delle società energetiche;
  • e ancora, introduzione delle cosiddette “utenze di sussistenza”, e cioè, aggiunge il Programma, “un livello minimo di energia elettrica e gas garantito anche in caso di morosità”.

Infine al capitolo 2, intitolato “Efficiente utilizzo di risorse PNRR e fondi europei” questo recita:

“L’obiettivo è destinare maggiori risorse all’approvvigionamento e alla sicurezza energetici, liberare l’Italia e l’Europa dalla dipendenza dal gas russo, e mettere al riparo la popolazione e il tessuto produttivo da razionamenti e aumenti dei prezzi”.

Quella che sto per esprimere è una mia personale congettura, non documentata né tantomeno corroborata da prove oggettive, ed è:

vista la apparente continuità dei propositi dei Fratelli d’Italia alla linea del governo Draghi (almeno in tema di politica energetica), è possibile che l’annunciato “perfezionamento” (come lo ha definito con un eufemismo Giorgia Meloni) dell’impiego dei fondi del PNRR nasconda, a proposito di proposte chiare, la ricerca dei fondi da dirottare sull’avvio della produzione di energia dal nucleare e notoriamente molto costoso.

Ricordiamo tuttavia che è proprio nella relazione col rispetto dei patti già sottoscritti che il paese si gioca grossa parte di credibilità e affidabilità. È questo lo Spread che una figura come Draghi è stata in grado di azzerare.

Personalmente, rispetto al nucleare, non sono aprioristicamente contrario. Tuttavia tale proposta va legata ad almeno 3 chiarimenti prima ancora di prenderla in considerazione, che sono:

  • uno studio realistico sui prezzi finali che saranno applicati al consumo, e garanzie sul corretto funzionamento del mercato soprattutto in chiave anti-trust.
  • chiarezza su tempi di realizzazione, costi di costruzione e gestione e nonché sulle soluzioni di smaltimento rifiuti.
  • trasparenza assoluta sulla gestione: non dovranno esserci insabbiamenti e omissioni notizie, avere cioè senza ambiguità, individuate chiare le responsabilità, sulla catena di controllo, oltre che un quadro sulle esternalità negative verso l’ambiente e relative compensazioni ai territori.   

Fonti: How many jobs does clean energy create? https://bit.ly/3RD9iQM | Report Low carbon jobs: https://bit.ly/3ehYCsk | Programma PD: https://bit.ly/3KPtHQp | Programma F.d’Italia: https://bit.ly/3cVle1G | RepowerEU Italia: https://bit.ly/3D2yuMo | Clean Energy Stocks: https://bit.ly/3TMSSHp | Low carbon jobs (UKERC): https://bit.ly/3D3qMS8 | Employment creation in EU related to renewables expansion: https://bit.ly/3Bic4p3 | I consumi energetici dell’Italia e la dipendenza dall’estero: https://bit.ly/3TOjvLV | Report TERNA 2020: https://bit.ly/3TN3m9L | Centrali idroelettriche in Italia: qual è la più grande?: https://bit.ly/3qgaMEV | Solare provincia Foggia: https://bit.ly/3KPv5m5 | Biomasse Italia: https://bit.ly/3Bk2l1E | Beleolico Taranto: https://bit.ly/3D3gD8g | Geotermia Italia: https://bit.ly/3KPKgMb | MW Italia primo trimestre 2022: https://bit.ly/3RIy7e0 |Proiezione impianti rinnovabili 2022: https://bit.ly/3KPvHYV | Pubblicazioni statistiche TERNA: https://bit.ly/2LaDWjG | Alberto Clò: il ricatto del gas russo (Il Sole 24Ore) Ed. Agosto ’22

Share this on:

More from this show

Il Podcast

We use cookies to level up your navigation/experience. Then, if you continue or scroll-down you agree the Policy More info

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi